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ENEIDE Primo studio

ENEIDE Primo studio

Il poema Eneide di Virgilio si apre con la parola “Armi”. Al centro del secondo verso troviamo poi la parola “profugus”, riferita ad Enea.  Così sono rivelate in modo chiaro e netto le linee principali su cui si muoverà il poema: raccontare l’insensatezza della guerra e dare voce e corpo alle storie di coloro che si trovano a fuggire dalla loro casa e ad affrontare l’ignoto. Il destino individuale, il compimento di un disegno che altre forze sembrano tracciare per noi, gli incontri, gli eventi di cui è costellato il viaggio, l’amicizia, l’amore, i lutti, le ingiustizie subite, lo stupore di fronte alle forze della natura ed alle mille forme che assume la convivenza tra esseri umani: tutto questo viene raccontato a partire da quelle due istanze così ben dichiarate all’inizio del poema, mostrare l’orrore della violenza e la condizione esistenziale del viaggio continuo. In un primo studio, primo passo verso la lettura integrale del poema, raccontiamo di naufragi, di approdi mediterranei, di prodigiose sparizioni di flotte e di sabotaggi, come quello operato dalle donne troiane in Sicilia. Esse, stanche del viaggio e sfiduciate che mai possa avere fine, arrivano a bruciare le loro stesse navi, per dare termine a quella lunga ed estenuante migrazione.

Inizia da Nemi il progetto sull’Eneide di Paolo Musio nell’occasione degli ottanta anni dall’incendio delle navi romane nel Museo, che verrà ricordato nell'epilogo in walkabout di Urban Experience, dalla Direttrice del Museo Daniela De Angelis. Il walkabout di Carlo Infante rileverà queste chiavi che riguardano la "catabasi" (dal greco katábasis: katá ‘giù’ e básis ‘cammino’) di Enea che ci trascina negli inferi delle nostre coscienze (come evidenziò Frazer de "Il ramo d'oro").

Sotto il legname bagnato scintilla la stoppa,   /   vomita tardo fumo, un lento calore corrode  / le chiglie, serpeggia per tutto il corpo la peste, profonda.  / E subito, nera, con improvviso rovescio,  /  senza misura infuria tempesta,  / le navi colme traboccano, semibruciato si inzuppa   /   il legno: fin che tutto il fuoco fu spento e le navi   / tutte rimasero salve, tranne quattro perdute.

Caratteristiche dell'evento

Inizio evento 02-06-2024 5:30 pm
Chiusura iscrizioni 02-06-2024 11:30 am
Costo per persona Gratuito le prime domeniche del mese
Luogo Museo delle Navi romane di Nemi

Venue Information - Museo delle Navi romane di Nemi

Il Museo venne costruito tra il 1933 e il 1939 per ospitare due gigantesche navi appartenute all’imperatore Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1929 e il 1931. È stato quindi il primo Museo in Italia ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi dalle misure rispettivamente di m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24, purtroppo distrutti durante un incendio nel 1944. Riaperto nel 1953, il Museo venne nuovamente chiuso nel 1962 e infine definitivamente riaperto nel 1988.

Nel nuovo allestimento, l’ala sinistra è dedicata alle navi, delle quali sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera).

Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell’aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine.

L’ala destra è invece dedicata al popolamento del territorio albano in età repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente), da Campoverde (Latina) da Genzano (stipe di Pantanacci) e dal Santuario di Diana a Nemi, oltre ai materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli.

All’interno di quest’ala è inoltre possibile ammirare un tratto musealizzato del basolato romano del clivus Virbii, che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana.

Cast

Paolo Musio

Diploma di attore presso l´Accademia Nazionale d´Arte Drammatica “Silvio D´Amico” di Roma. Ha collaborato tra gli altri con Aldo Trionfo, Giuseppe Patroni Griffi, Lorenzo Salveti, Giovanni Testori, Luigi Squarzina, Massimo Castri, Sandro Sequi, Giancarlo Nanni, Cristina Pezzoli, Theodoros Terzopoulos, Giorgio Barberio Corsetti, Werner Waas, Arturo Cirillo, Cherif, Eimuntas Nekrosius, Luca Ronconi, Giancarlo Cobelli, Pietro Carriglio, Mario Martone, Fabrizio Arcuri. È autore di testi e adattamenti teatrali e riduzioni. Dal 2002 promuove progetti interdisciplinari che coinvolgono artisti e musicisti. Attore nel film d´arte “Overdrive” di Thorsten Kirchhoff. Nell’autunno 2010, nel cortile della Cavallerizza reale di Torino, nell’ambito di Brecht camp, dedicato a “Fatzerfragments” di B. Brecht, a cura di TST e Goethe Institut Turin, presenta la performance “La giusta distanza”, in cui invita il pubblico a colpirlo con oggetti contundenti trovati in loco, scegliendo di volta in volta la distanza giusta per ridicolizzare il gesto di offesa facendo sì che il proiettile gli cada ai piedi senza danni. Performer vocale, nell’ottobre 2012 inaugura lo spazio Idiòt a Torino nel quartiere di Porta Palazzo.

Evelina Meghnagi

Cantante e attrice, ha interpretato composizioni di autori contemporanei in alcuni casi scritte appositamente per lei, sia per spettacoli che per registrazioni. Filo rosso della sua attività musicale – e non solo, è la passione per la musica ebraica. Sefardita, di origine spagnola ma cresciuta in Italia, Meghnagi focalizza il proprio interesse sulla mu sica del Mediterraneo e diventa una delle interpreti più accreditate e di riconosciuto talento delle melodie della tradizione ebraica sefardita e yemenita, collabora e sperimenta incontri e intese con musicisti di altre provenienze sia musicali che di ambito etcnico-religioso. Con Teatro Mobile è stata protagonista di “Occhi nella memoria” viaggio in cuffia nell’ex-Ghetto di Roma (2022)-

Felice Zaccheo

Tra i più interessanti esempi della ricerca e della sperimentazione romana, musicista eclettico, cura per Teatro Mobile l’elaborazione musicale di molti dei progetti “in cuffia”. Inizia gli studi di chitarra moderna con Francis Koerber e per diversi anni si occupa di folk statunitense, di blues e funky, suonando sia la chitarra acustica che l’elettrica in varie formazioni attive negli anni '90, specializzandosi poi nella musica popolare italiana (chitarra battente, organetto, zampogna, ciaramella, tamburi a cornice) dal 2002 studia e suona mandolino e plettri in numerosi contesti, che spaziano della musica classica alla canzone romana. È attualmente uno dei pochissimi suonatori italiani di chitarra portoghese. Ha collaborato alla realizzazione di numerosi cd e di varie colonne sonore ed è uno dei session man più attivi negli ambiti della musica indipendente romana. Numerosissime le sue collaborazioni con esponenti di spicco del teatro, della canzone d'autore, della canzone romana, della musica popolare e etnica, della musica da camera, del folk, blues e rock.

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